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"Ognuno di noi ha tre vite, una pubblica, una privata e una segreta"

  • Dott.ssa Arianna Barazzetti
  • 7 mar 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Da Gabriel García Márquez al film "Perfetti sconosciuti" di Paolo Genovese.

Il film mette in scena una serata tra amici di vecchia data. Si conoscono da una vita e condividono ricorrenze, storie e alleanze. La trama si snoda lungo il corso di una singola cena a casa di una delle coppie. Eva, la padrona di casa, psicoanalista di professione, propone allora un gioco: per tutta la durata della cena i partecipanti lasceranno il proprio cellulare sul tavolo e qualsiasi chiamata, messaggio, chat o email verrà ascoltata/letta alla presenza di tutti. L'imbarazzo iniziale e l'uso dell'ironia in risposta a questa proposta porta lo spettatore a pregustarsi il probabile risultato finale...

Chi di noi accetterebbe con estrema fiducia e spensieratezza questo gioco? Quante coppie potrebbero collassare se questo gioco venisse proposto ad una cena reale? Quanto i così detti "facilitatori sociali e di comunicazione" (Facebook, Twitter, WhatsApp e in generale gli smatrphone) hanno modificato i nostri rapporti e relazioni?

Vero protagonista del film è infatti il cellulare, o meglio lo smartphone, chiamato più volte "scatola nera delle nostre vite".

Sicuramente la discrezione, l'attenzione e la tutela per la propria dimensione privata può avere una funzione protettiva importante, rispetto al proprio valore e all'autenticità di aspetti del Sé, ad esempio. Siamo ormai abituati ad un'esposizione frequente e costante (a volte quasi obbligatoria) deIla propria vita e altrui sui Social. Il rischio, in alcuni casi neanche troppo celato, è quello di rispecchiarsi in ciò che mostriamo, in come vogliamo apparire, in ciò che scegliamo di condividere, rischiando di appiattire il ventaglio delle parti del nostro Sè, di ciò che ci compone, in un'unica rappresentazione "socialmente" apprezzata (o ricca di like).

Negli eventi che ci accadono è sempre bene tener presente ed essere consapevoli di quanto vi siano parti meno "visibili" (o condivisibili): dinamiche relazionali complesse, bisogni ed esigenze profonde, che raramente trovano una comprensione linearmente semplice e totale nel mondo del Social. Questo non perchè vi siano parti di noi talmente "brutte" da dover essere assolutamente nascoste, ma perchè alcune parti, per loro natura, non richiedono una condivisione totale con l'altro, se non in contesti e situazioni in cui la complessità del nostro essere possa venir adeguatamente colta.

Ovviamente questo discorso viene meno, nel momento in cui, parti del Sè rischiano di sfociare in una dimensione totalmente clandestina (o addirittura parallela).

L’aumento frenetico delle applicazioni sempre più funzionali, ci ha portato a considerare fisiologici e ovvi anche i cambiamenti che avvengono nelle modalità di relazionarci e comunicare con l'altro.

È considerato ormai normale scriversi un messaggio con WhatsApp piuttosto che telefonarsi, invitarsi tramite Facebook ad eventi e comunicare tramite note vocali (alle volte anche più lunghe del tempo che occorrerebbe per fare una telefonata).

Il film di Genovese ci porta ad interrogarci su queste nuove tecnologie comunicative, sulla modalità di utilizzo di questi canali e sulla loro funzione.

Il messaggio del film non sembra essere quello che non vi debbano essere segreti: si mette in luce l’importanza, anche nelle relazioni più strette, di mantenere uno spazio privato, che trovi modalità proprie e specifiche anche rispetto a che cosa, quando e come condivider aspetti propri importanti. Tuttavia la realtà coltivata virtualmente, tramite la mediazione della tecnologia, che da una parte protegge dall’altra spinge a una maggior esposizione, non deve essere scissa da quella che è la propria integrità personale, identitaria e relazionale, costituita, ricordiamo, da una complessità di parti.

Ecco allora che, nell’escalation che porta al finale, siamo pronti interrogarci sul perché il telefono sia davvero oggi una “scatola nera” e su quanto anche nella nostra vita la condivisione di quanto presente sul proprio cellulare potrebbe mettere in discussione non soltanto la relazione col partner ma a più ampio raggio quella con amici, famigliari e conoscenti, i cui i rapporti sono purtroppo spesso troppo carichi di non detti.

È bene allora saper distinguere tra verità e sincerità, su ciò che poniamo come valore assoluto e su ciò a cui invece potremmo aspirare.

 
 
 

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